G1.2.
Fiorino giglio florentia / San Giovanni Battista.
Moneta aurea.
Zecca fiorentina, Firenze Repubblica, 1252-1304.


Oro puro coniato.
Ø 19,51 mm.; 3,49 gr, inedita.
Questa moneta d’oro puro che, nel corso dei secoli, ha subito lievi modifiche, costituisce uno dei documenti di credito più famosi del mondo antico e aveva libera circolazione in tutto il territorio allora conosciuto.
Sopra alla mano dx del Santo è tradizionalmente punzonato il simbolo dello zecchiere preposto alla coniazione di quel determinato lotto di fiorini: poiché il nome di quei funzionari della Repubblica con relativo simbolo era annotato sui Registri ufficiali, questo fatto consente di datare con precisione la moneta.
F. Il fronte reca al centro il famoso “giglio”, in realtà un iris stilizzato (simbolo di Firenze alla quale città fornisce il suo emblematico colore blu viola); a dx la scritta + FLOR e, a sx, la scritta ENTIA.
R. Al centro, San Giovanni nimbato stante avvolto in una pelle di montone; egli tiene nella mano sx un’asta con la Croce e, dietro di lui, si vede un telo fiammeggiante; attorno, a dx, la scritta + ∙ S ∙ IOHA e, a sx, NNES B +.
M1.2.
Dux Carolus Burgundus / Tosone d’oro e acciarini; Je lai emprins; bien en aviengne
(Carlo il Temerario, Duca di Burgundia / Toson d’oro e acciarini; l’ho intrapreso, bene ne venga).
Medaglia.
Candida, Francia (Neuss), 1474.


Piombo fuso.
Ø 38,25 mm (senza appiccagnolo); 32,40 gr., inedita.
La curiosa medaglia di sapore esoterico che fa riferimento al “toson d’oro” (emblema della dinastia dei Plantageneti) è dedicata a Carlo duca di Borgogna detto il Temerario.
F. Il profilo laureato del Duca è rivolto a dx; ai due lati si legge DVX KAROLVS (a sx) e BVRGVNDVS (a dx) (Carlo duca di Burgundia).
R. entro una cornice di foglie d’alloro, al centro, sta accovacciato l’ariete che allude al toson (vello) d’oro costituito dalla sua pelliccia. Esso è affiancato da una coppia di acciarini (sul primo dei quali, a sx, si trova la scritta VELLVS e sul secondo, a dx, la scritta AVREVM che, sfregati su altrettante pietre focaie, emettono scintille che si espandono costellando l’intero spazio libero; sopra al toson d’oro si legge la scritta IE LAI EMPRINS e sotto BIEN EN AVIENGNE (je l’ai entrepris, bien en viendra).
In effetti, in italiano, il motto del duca suonerebbe «l’ho intrapreso, ne uscirà qualcosa di buono» ovvero «l’ho intrapreso, posso riuscire».
M1.16. – M1.17.
Διδω βασιλισσα / Kαρχηδων
(Didone regina / Cartagine):
- esemplare a;
- esemplare b sottile.
Medaglie.
Alessandro Cesati (detto il Grechetto), Roma, circa metà del XVI secolo.


M1.16.


M1.17.
F. Entro una cornice di perline, il busto della regina Didone, vista di profilo e volta a dx, evidenzia una complessa capigliatura trattenuta da una corona d’alloro; a sx la scritta ΔΙΔΩ seguito da una foglia, a dx ΒΑΣΙΛΙΣΣΑ (regina).
R. Sul retro è rappresentata una città immaginaria (Cartagine) vista dall’alto in prospettiva con galee: cinta di mura e affacciata sul mare con il suo porto, contiene templi, circhi, obelischi e colonne. Sulla sx, una scritta ΚΑΡΧΗΔΩΝ (Cartagine).
M1.16
Esemplare a.
Bronzo fuso, tutto spessore, patina scura.
Ø 44,71 mm.; spessore 4 mm.; 57,11 gr.
M1.17.
Esemplare b sottile.
Bronzo fuso, spessore sottile, patina naturale chiara, foro sopra la testa di Didone.
Ø 42 mm.; 14,38 gr.
M1.47.
Eques Joa. Laurent. Berninus etatis sue anno 76 / Singularis in Singulis in omnibus unicus
(Il cavalier Lorenzo Bernini all’etá di 76 anni – [1674] / Allegoria delle arti; singolare fra i singoli, fra tutti unico).
Medaglia.
Charles Jean François Cheron, Francia, 1674.


Bronzo fuso.
Ø 72,6 mm, inedita.
La bella medaglia (commissionata espressamente dal re di Francia XIV), celebra Lorenzo Bernini (1598-1680).
F. Il busto dell’artista-architetto è rappresentato volto a dx, avvolto da mantello sopra il camicione: l’artista porta capelli lunghi fluenti, è stempiato e ha i baffi; tutto attorno si legge la scritta EQVES · IOA[NNES] · LAVRENT[IVS] · BERNINVS · [A]ETATIS SV[A]E · ANNO[RVM] · 76/1674 (il cavalier Gianlorenzo Bernini all’etá di 76 anni, 1674); sotto al busto, la firma F. Cheron.
R. Sul retro è rappresenta l’allegoria delle arti; quattro giovani donne sono affaccendate nello svolgere l’attività che esse rappresentano; tutto attorno, la scritta SINGVLARIS · IN SINGVLIS · IN OMNIBVS · VNICVS (speciale nelle singole cose unico in tutte); sotto l’esergo, ancora la firma F. Cheron.
P3.79.
Costantino il Grande.
Medaglia monofacciale in bronzo giallo.
Cristoforo di Geremia, Roma, 1468.


Bronzo fuso.
Ø 71,6 mm, inedita.
La bella medaglia monofacciale rappresenta il busto dell’imperatore Costantino il Grande volto a dx con il capo coronato di quercia; indossa il paludamentum fermato a dx da un medaglione; tutto attorno la scritta CAESAR IMPERATOR PONT[IFEX] / P[ATER] P[ATRIAE] P[ROCONSVL] E[T] / SEMPER AVGVSTVS VIR (Cesare imperatore pontefice [massimo] P[roconsole] P[adre della] P[atria] e sempre augusto uomo); cornice di perline, probabilmente eseguita da Cristoforo di Geremia (sul retro delle medaglie bifacciali appare sotto l’esergo la firma CRISTOPHORVS HIERIMIAE F[ECIT] e non F[ILIUS] nel 1468 in occasione della visita di Federico II a Roma.
P1.238.
San Gerolamo / Agnus Dei.
Placchetta bifacciale in cera.
Autore sconosciuto, Roma, terzo quarto del XIX secolo.


Cera vergine.
88,3 x184 mm, inedita.
Questa curiosa placchetta realizzata in cera vergine è da collegare a una consuetudine religiosa romana.
F. Il fronte rappresenta San Gerolamo nimbato seduto su una roccia mentre legge un libro; al suo fianco il caratteristico suo simbolo: il leone; tutto attorno la scritta SANTVS ∙ HIERONYMVS ∙ PRESB[ITERVS] ∙ ET ∙ ECCL[ESIAE] ∙ DOCT[OR] con altre lettere illeggibili.
R. Un agnello nimbato è rappresentato accovacciato sullo sfondo di una sottile croce e del libro; tutto attorno la scritta ECCE ∙ AGNVS ∙ DEI ∙ QVI ∙ TOLL[IT] ∙ PECC[ATA] ∙ MVN[DI] / PIVS IX ∙ PON[IFEX] ∙ MAX[IMVS] ∙ XXI.
P1.9.
Madonna col Bambino, Dio padre e lo Spirito Santo.
Grande pace.
Artista anonimo, Padova, primi anni del XV secolo.



Bronzo fuso, patina chiara; quattro fori, di cui due utilizzati per fissare il manico mediante ribattini in ferro; retro incuso.
132,25 x 209,35 mm, inedita.
Questo importante bronzo rappresenta simbolicamente la Trinità entro una piccola ancona votiva destinata al “bacio di pace” dei fedeli (in occasione della Pasqua).
Al centro della composizione, Maria Vergine è rappresentata seduta di fronte su un trono con predella mentre tiene il Bambino sul ginocchio sx; con i capelli sparsi e vestita con un ampio abito, essa appare al centro di un sistema architettonico formato da lesene e paraste ornate, sullo sfondo delle quali due angeli sembrano volerla incoronare; appoggiati ai plinti della composizione architettonica, due altri angeli rovesciano verso terra due torce come per ribadire simbolicamente la fine delle vicenda umana di Cristo; sopra al timpano dell’anconetta, in alto, appare Dio Padre che regge nella mano sx il globo sotto al quale, nel timpano stesso, si nota la colomba dello Spirito Santo; alla base del timpano si legge la scritta PAX VOBIS.
La scena si completa con due altri angeli che siedono ai lati della copertura del Tempio e con quattro cherubini posti rispettivamente al di sopra dei capitelli delle lesene.
Tutta l’impostazione ornamentale con lesene ornate a candelabre, zoccolo inferiore architettonicamente ben strutturato e ingentilito mediante girali e impostazione all’antica lasciano ritenere che si tratti di opera maturata in ambiente neoplatonico; sul retro, un manico in bronzo fuso è attaccato con ribattini.
La Pace è stata da me acquistata a da un antiquario che la possedeva a partire dalla meta degli anni ’30 del XX secolo. Questo oggetto si trovava appeso al soffitto del locale dove era stato collocato quando, a suo dire, l’antiquario l’aveva comprata da un tedesco (ebreo?) n fuga dalla Germania.
Alla richiesta del prezzo, il negoziante mi disse che, per la legge svizzera, egli era tenuto a vendermela al prezzo indicato sul cartellino (che non era stato cambiato da quei lontani anni, dato che nessuno si era dimostrato interessato all’acquisto) e che, probabilmente, il suo prezzo era molto basso; egli me l’avrebbe ceduta comunque, un po’ divertito dal fatto che, unico, l’avessi adocchiata nella moltitudine degli oggetti presenti: ed effettivamente, il prezzo era basso.
P2.2.
Cristo Pellicano che nutre i suoi piccoli.
Bottega di Sebastiano Torrigiani, Roma, prima del 1590.
Applique dorata.
P2.2.
Bronzo fuso con patina naturale e tracce di doratura, due fori; retro incuso.
35,7 x 40,08 mm.; 19,60 gr., inedita.
La placchetta rappresenta un pellicano visto frontalmente con il lungo collo piegato verso il petto nel punto in cui i tre pulcini attingono il cibo.
In passato si riteneva che la femmina di questo animale estraesse direttamente dal petto il cibo per i piccoli: in realtà, essa vomita nei loro becchi i pesci in parte già masticati per facilitarne l’assunzione.
Con tutta evidenza, la composizione costituisce la metafora del Cristo che si sacrifica per il suo “gregge”.
Una placchetta particolarmente simile si trova sulla base della croce d’altare commissionata da Clemente VIII, custodita nel Museo Diocesano di Mantova.
(cfr. scheda P1.152)
P2.3.
Cristo Pellicano che nutre i suoi piccoli.
Anonimo artista di ambiente italiano (Veneto ?), fine XV – inizio XVI secolo.
Applique.


P2.3.
Bronzo fuso, patina naturale, quattro fori.
51,54 x 44,09 mm.; 27,32 gr., inedita.
La placchetta ritagliata rappresenta un pellicano di profilo nell’atto di squarciarsi il petto per nutrire i suoi tre pulcini entro un nido.
In passato si riteneva che la femmina di questo animale estraesse direttamente dal petto il cibo per i piccoli: in realtà, essa vomita nei loro becchi i pesci in parte già masticati per facilitarne l’assunzione.
Con tutta evidenza, la composizione costituisce la metafora del Cristo che si sacrifica per il suo “gregge”.
P1.4.
Aquilotto.
Piccola placchetta ante litteram tonda.
Artista anonimo, Sicilia (?), XIV secolo (?).


Bronzo fuso a cera persa con patina scura; retro liscio.
Ø 33,03 mm.; 35,71 gr., inedita.
Il piccolo rilievo circolare rappresenta un aquilotto che sembra riferirsi più alla monetazione coniata dagli aragonesi in Sicilia che alla loro araldica.
La fusione nitida e di adeguato spessore potrebbe essere stata usata come borchia.
P1.5.
L’arcangelo Michele.
Piccola placchetta ante litteram tonda.
Artista anonimo, ambiente siciliano (?), fine del XIV secolo (?).


Bronzo fuso, patina bruno scura, foro in alto; retro liscio leggermente convesso.
Ø 40,07 mm.; 19,48 gr., inedita.
L’arcangelo Michele, alato, nimbato e vestito di corazza romana, è visto di fronte e sostiene una sottile croce con la mano dx e una bilancia con la mano sx con la quale sta pesando delle anime; ai suoi piedi si trova il demonio nell’atto di venire trafitto con la suddetta croce-lancia.
Ai due lati della scena sventolano due lunghi stendardi.
P1.20 – P1.21.
Giudizio di Paride:
esempio a, dorato (Courajod);
esemplare b.
Placchette tonde.
Giovanni di Fondulino Fonduli da Crema (Maestro IO.F.F.), Mantova, metà del XV secolo.


P1.20.
Esemplare a.
Bronzo chiaro con tracce di doratura (il fondo è lievemente puntinato per facilitare la doratura); lievemente convessa; foro in alto; retro incuso.
Sul retro un’etichetta reca le scritte n. 27/M Courajod e un’altra, più recente, reca il n. 897.
Ø 55,70 mm.; 39,39 gr., inedita.
P1.21.
Esemplare b.
Bronzo rossiccio; retro incuso.
Ø 54,51 mm.; 35,76 gr., inedita.
Le placchette rappresentano il cosiddetto “Giudizio di Paride”: a sx, sotto un albero brullo, un giovane uomo nudo di profilo e di fronte sta seduto su una pietra; egli tiene un flauto nella mano sx e porge un pomo d’oro alla donna semivestita (Venere) che sta di fronte a lui con la mano dx aperta; i cui fianchi sono avvolti da un velo mentre la testa è munita di ali. Dietro di lei, completamente nuda di profilo verso sx, si vede un’altra donna (Giunone) e un’altra ancora, nuda di tre quarti (Minerva), tiene nella mano dx un oggetto non decifrabile e con la mano sx stringe una lancia e uno scudo. Sopra di loro vola Cupido con la sua freccia.
Sotto l’esergo la scritta IO.F.F.
P1.75. – 1.76.
Cristo appare agli apostoli.
Placchette.
Lautizio da Perugia o artista della sua cerchia(?), Scuola milanese (?), XVI secolo (circa 1520).


Sotto un arco rettangolare Cristo, in piedi e benedicente, appare agli apostoli riuniti; cinque sono a dx e altrettanti a sx; egli porta nella mano sx un’esilissima croce, simbolo del suo martirio.
P1.75.
Cristo appare agli apostoli (esemplare a).
Bronzo fuso con patina bruno chiara; retro liscio.
68,00 x 94,7 mm.; 118,35 gr., tre fori in alto, inedita.
P1.76.
Cristo appare agli apostoli (esemplare b con tracce di argentatura).
Bronzo fuso con tracce di argentatura, spatinata; retro liscio.
69,9 x 100,02 mm.; 90,21 gr., due fori in basso, inedita.
P1.180.
Trinità con i Santi Cristoforo e Francesco.
Placchetta-Medaglione di confraternita.
Anonimo artista, scuola veneziana, inizio del XVII secolo.
Bronzo fuso di colore chiaro, sul retro si notano tre asole fuse assieme che, forse, servivano per portare l’oggetto a mo’ di medaglione; retro incuso.
74,00 x 97,50 mm.; 95,99 gr., inedita.
Entro una cornice ellittica doppia e lineare, la Trinità appare dall’alto di una nuvola a due Santi inginocchiati ai due lati in basso. Dio Padre, barbuto e nimbato, sostiene fra le ginocchia una Croce con il Cristo: su di essa è posato lo Spirito Santo in forma di colomba. Dio Padre poggia i suoi piedi sul corpo di un cherubino alato.
Per quanto concerne i due personaggi inginocchiati ai piedi di Dio Padre, quello a sx porta sulle spalle il Bambino (che, a sua volta, tiene nella mano dx un globo sormontato dalla Croce), nella mano sx tiene un ramo di palma e un lungo bastone di legno nella dx: esso dovrebbe essere San Cristoforo. L’altro, vestito di saio, dovrebbe essere San Francesco.
La rappresentazione della Trinitá di questa placchetta (si veda, ad esempio, la placchetta P1.161) appartiene a un’iconografia piuttosto diffusa nel XIV secolo; tale Trinitá è assai simile ad altre alle quali, di volta in volta, attorno alla cera occorrente per ottenerla, è stata aggiunta la cera di un contesto differente a seconda della loro destinazione.
La placchetta, di elevata qualità, potrebbe essere il medaglione di appartenenza a una confraternita.
Sul retro, un’etichetta indica il n. 28.
P1. 161.
Trinità entro cornice di mascheroni e cherubini.
Placchetta ritagliata e scontornata.
Autore sconosciuto (della cerchia di Giuseppe de Levis?), ambiente veneto-padovano,
fine XVI secolo.
Bronzo fuso; patina naturale di media intensità; tre fori (in alto e ai lati); retro incuso.
81,14 x 94,71 mm.; 66,22 gr., inedita.
Dio padre scontornato è seduto in trono; coronato e barbuto, regge fra le mani la croce sulla quale Cristo è crocefisso mentre lo Spirito Santo (in forma di colombo) sta sulla cima del palo verticale della Croce. Dio padre poggia i piedi sul capo di un cherubino alato.
La stessa composizione contenuta nella cornice si riscontra anche nel medaglione da confraternita (P1.180).


M4.8.
Cavallo.
Punzone (modello) per matrici di placchette.
Floriano Bodini per una bottega non identificata, Milano, fine del XX secolo.

Cilindro di acciaio rapido tornito e scolpito.
Ø15,5 x h. 6,7 mm, inedito.
Il punzone (modello) costituisce l’originale dal quale si ottengono le matrici per la coniazione di placchette.
La placchetta in questione, che rappresenta il busto stilizzato di un cavallo, è firmata a dx in basso Bodini.
Il punzone reca impresso il n. 020962-D.
Si tratta di uno dei pochissimi punzoni di Bodini in mano privata (da questo punzone che, come è noto, sul mercato dell’arte è considerato l’originale della composizione) volendo, si potrebbero ricavare copie autentiche della placchetta.
P6.1.
Caccia al leone.
Galeazzo Mondella, detto il Moderno (?), Padova, seconda metà del XV secolo.
Modello per placchette (?).


Peltro (zinco?) fuso in terra (?), patina scura; foro in alto; retro lievemente incuso e quasi liscio.
79,1 x 70,04 mm.; 101,13 gr., inedita.
Questo singolare rilievo costituisce l’unico esemplare rettangolare conosciuto della placchetta di identico soggetto ma circolare.
In primo piano un piccolo leone sta aggredendo un uomo nudo che, a terra, si difende con lo scudo; due altri personaggi a cavallo, nudi e dotati di scudo, cercano di distrarre il leone dalla sua preda; il cavaliere di sx lascia alle sue spalle una tunica al vento; due altri guerrieri a piedi completano la composizione a dx e a sx.
La composizione è posata su un esergo orizzontale e sembra fosse destinata a una soluzione rettangolare, semmai dotata di conclusione leggermente curva sul lato superiore.
Anche per le sue dimensioni, la placchetta sembra il modello dal quale sono tratte quelle circolari conosciute (le quali, peraltro, racchiuse nel cerchio, sembrano un po’ “forzate” soprattutto in basso a dx): cfr., ad esempio, la placchetta tonda fig. 164 (n. 168) ella collezione Samule Kress.
P1.67. – P1.70.
Coriolano alla battaglia di Roma.
Placchette.
Maestro di Coriolano, Padova, attorno al 1500.


La tipologia di queste placchette concerne la Battaglia di Coriolano davanti alle mura di
Roma.
Al centro della composizione, Coriolano nudo sul suo cavallo, galoppa verso dx con l’elmo in testa; davanti a lui due guerrieri altrettanto nudi con elmo e scudo lo contrastano; dietro di lui un altro armato con scudo avanza verso il centro; sul retro molti altri guerrieri a piedi e cavalieri lottano aspramente; sul suolo giacciono corpi di guerrieri morti e armi; sullo sfondo si notano le mura della Città Eterna.
P1.67.
Coriolano alla battaglia di Roma (esemplare a; rettangolare).
Bronzo fuso con patina scura, foro in alto; retro liscio.
49,41 x 42 mm. 33,02 gr., inedita.
La scena si svolge entro una duplice cornice lineare.
P1.68.
Coriolano alla battaglia di Roma (esemplare b; rettangolare con angoli smussati).
Bronzo fuso con patina scura, foro in alto; sul retro liscio una scritta in vernice rossa non leggibile; un’etichetta vecchia reca i numeri 112/742°; un’etichetta più recente porta il numero 33/a.
49,9 x 41,7 mm.; 30,71 gr. inedita.
Idem come sopra ma la placchetta è smussata sui due angoli in alto.
P1.69.
Coriolano alla battaglia di Roma (esemplare c; tondo).
Bronzo fuso con patina scura; retro liscio.
Ø 54,0 mm.; 40,34 gr., inedita.
Idem come la prima con cornice lineare e in forma rotonda; la scena si svolge su un esergo lineare.
P1.70.
Coriolano alla battaglia di Roma (esemplare d; tondo).
Bronzo fuso con patina scura, foro in alto; retro liscio.
Ø 51,75 mm.; 36,27 gr., inedita.
Idem come sopra senza cornice.
P1.333.
Die Auszetung von Romulus und Remus.
(L’abbandono di Romolo e Remo).
Piastra.
Autore sconosciuto (su modello di Loy Hering, 1530), Germania meridionale, attorno al 1600.



Bronzo patinato scuro, alcuni piccoli difetti di fusione; retro incuso.
153 x 208 mm.; 847 gr., inedita.
La grande placchetta, una piastra, rappresenta la sottrazione di Romolo e Remo a Rea Silvia. Questa è in piedi completamente nuda, vista di fronte, mentre atteggia le braccia come per sorreggere qualcosa stringendo le mani: tiene i lunghi capelli sciolti e, al suo fianco dx, si notano due tronchi d’albero. Più arretrato, Faustolo, anch’egli nudo, si avvia verso sx tenendo i due gemelli Romolo e Remo con le braccia.
Sullo sfondo si nota un muro dietro al quale vi sono case, alberi e un castello; in alto, a sx, pende un cartello sul quale si legge (ESA 14) / QVOD D[OMI]N[V]S / EXERCITITVV[M] DECR/EVIT Q[VI]S DISSIPABIT / RHEA.ROMVLVS.REMVS (cfr. Isaia XIV, 27; Dominus enim exercituum decrevit; et quis poterit infirmare).
La Weber descrive questa placchetta nel capitolo “Kunstkammersrücke der Renaissance vor und nach 1600” del testo “Deutsche, Niederländicshe und Französische Renaissanceplaketten 1500-1600; Modelle für Reliefs an Kult-, Prunk- und Gebrauchsgegenständen” (cfr, tavola 212, pag. 327); l’esemplare della mia collezione mostra le stesse caratteristiche di quello in bronzo (758) conservato al Museo di Digione (15,4 x 20,8 cm.). essa riporta, altresí, anche il modello (758) scolpito in pietra litografica da Loy Hering attorno al 1530 e conservato al Victoria and Albert Museum di Londra (17,7 x 22,3 cm.).
P1.155. – P1.157.
Adorazione dei pastori (PARM INVENT, 1561).
Adorazione dei pastori.
Adorazione dei pastori (GORIA IN EXCELSIS DEO, 1590).
Placche.
Pellegrino Tibaldi o Gian Francesco Bonzagna (?), area emiliana, seconda metá del XVI
secolo e successivamente.


P1.155.


P1.156.


P1.157.
Sullo sfondo di un arco trionfale sorretto da colonne ioniche di un tempio a base circolare e altre architetture, è ambientata una Natività: a dx, accovacciata, la Madonna, volta a sx, osserva il Bambino e gli tende la mano sx; dietro di lei, in piedi e volto a sx, San Giuseppe trattiene l’asinello mentre il bue sembra alitare sul Bambino adagiato su un panno a sua volta steso su un capitello diroccato.
A sx, in ginocchio su una colonna diroccata e volto all’indietro, un pastore tiene un cane sotto al braccio sx; altri quattro pastori sono in piedi, volti a dx: il primo suona una cornamusa, il secondo lo guarda, il terzo è munito di lungo bastone e il quarto più lontano; un giovane contadino è inginocchiato al centro; nell’angolo a sx in alto brilla la stella cometa.
Può essere interessante notare che alcune varianti di questa placchetta (fra le quali due delle nostre) recano una data sotto al capitello caduto a terra.
P1.155.
Adorazione dei pastori (esemplare a; dorato e parzialmente argentato).
Bronzo giallino fuso; i volti e le membra delle persone sono argentate mentre tutto il resto è dorato; il retro è piano.
Sulla trabeazione dell’arco trionfale si legge la scritta ∙PARM∙INVENT∙; sul capitello diroccato si legge la data 1561.
144,51 x 191,94 mm.; 842 gr., inedita.
P1.156.
Adorazione dei pastori (esemplare b).
Bronzo rossiccio fuso con controstampo; patina scura.
Questa placchetta è piú piccola dell’esemplare a. in quanto la sua matrice è stata evidentemente derivata da un esemplare della tiratura precedente: l’apparente consumo dei tratti di persone e cose non è infatti dovuto a un uso prolungato ma da successivi passaggi fusori.
Sulla trabeazione dell’arco trionfale non vi è alcuna scritta.
140,2 x 188,6 mm.; 739 gr., inedita.
P1.157.
Adorazione dei pastori (esemplare c; con appiccagnolo).
Bronzo chiaro fuso, spatinato, retro incuso; appiccagnolo fuso assieme.
Rispetto all’esemplare a., anche questa placchetta è leggermente più piccola per gli stessi motivi della precedente; gli abiti dei personaggi sono ornati con disegni in rilievo e il capitello reca la data 1590.
Sulla trabeazione dell’arco trionfale si legge la scritta GORIA (sic!) IN EXCELSIS DEO.
138,8 x 185,3 mm. (senza appiccagnolo); 605 gr., inedita.
P4.13.
Attila rex / Aquileia.
Medaglia fusa.
Francesco da Sangallo (?), area veneta (?), metà del XVI secolo.


Bronzo fuso di elevata qualità con patina bruno scura.
Ø 54,89 mm.; 82,61 gr.
F. La grande medaglia bifacciale rappresenta la testa di Attila con aspetto caprigno, volta a dx e vestita con corazza regale; il condottiero porta un’ insegna militare sul petto e attorno si legge la scritta *ATTILA*/*REX*
R. la medaglia rappresenta una città murata sovrastata dalla scritta *AQVILEIA*.
I segni di interpunzione sono costituiti da altrettante girandole a tre punte (triscele).
Secondo Alviano Scarel (in Aa.Vv. Attila e gli Unni, Roma, febbraio 1996, pagg. 117-123), questa splendida medaglia (sconosciuta a Louis Huszár) dovrebbe essere stata concepita da Francesco da Sangallo (e comunque ne rivela la maniera) attorno alla metà del 1500; essa costituisce quasi certamente il modello per la molteplicità di successive “riprese” e ispirazioni.
Si noti come questa opera, come molte altre di epoca successiva, appare più celebrativa che denigrativa del controverso personaggio rappresentato dal fiero condottiero.
P4.14. – P4.21.
Attila rex / Aquileia. (8 esemplari)
Medaglie bifacciali.
Botteghe ignote, area veneta e centro Europa, a partire dal XVI secolo.
Serie di medaglie, di qualità non sempre eccellente, che costituiscono la divulgazione di un modello apprezzato per diversi secoli verosimilmente come simbolo di cultura laica. Alviano Scarel (in Aa.Vv. Attila e gli Unni, Roma, febbraio 1996, pagg. 117-123) sostiene che esse derivino da una di dimensioni assai maggiori (cfr. P4.13) che sarebbe da attribuire al Sangallo o ad altro validissimo artista che si esprime… alla sua maniera.
Le singole varianti dipendono forse da successivi modelli di volta in volta ricavati da modelli precedenti e perciò sempre più ridotte di diametro: in questo senso il capostipite potrebbe essere ravvisato nella medaglia P4.13.
Questi esemplari, come molti altri di epoca successiva, appaiono più celebrativi che denigrativi del personaggio controverso rappresentato da Attila.
La serie di medaglie si distingue da altre successive anche per il tipo particolare dei segni di interpunzione che sono costituiti da girandole a 3 punte.


P4.14.
Attila rex / Aquileia (esemplare a).
Bronzo fuso di buona qualità; patina nerastra.
Ø 49,42 mm.; 42,48 gr., inedita.
P4.15.
Attila rex / Aquileia (esemplare b).
Argento fuso; patina scura.
Ø 49,4 mm.; 45,01 gr., inedita.
P4.16.
Attila rex / Aquileia (esemplare c).
Argento fuso.
Ø 47,08 mm. (senza appiccagnolo); 46,28 gr., inedita.
P4.17.
Attila rex / Aquileia (esemplare d).
Bronzo rossiccio fuso con patina marrone scuro.
Ø 46,9 mm.; 47,88 gr., inedita.
P4.18.
Attila rex / Aquileia (esemplare e).
Ottone fuso e argentato (con appiccagnolo).
Ø 46,8 mm. (senza appiccagnolo); 45,31 gr., inedita.
P4.19.
Attila rex / Aquileia (esemplare f).
Ottone fuso e argentato (tracce di saldatura per un appiccagnolo perso).
Ø 47,2 mm.; 47,26 gr., inedita.
P4.20.
Attila rex / Aquileia (esemplare g).
Bronzo giallo fuso con tracce di argentatura ossidata.
Ø 46,4 mm.; 42,44 gr., inedita.
P4.21.
Attila rex / Aquileia (esemplare h).
Ottone fuso, spatinato.
Ø 44,9 mm.; 38,44gr., inedita.
P1.89.
Metafora della rinascita della natura.
(Trionfo di un eroe).
Placchetta.
Andrea Briosco detto il Riccio, Padova, primi anni del XVI secolo.


Bronzo fuso a cera persa, patina bronzo giallastra chiara; tentativo di foro in alto al centro; retro liscio.
103.00 x 76,00 mm.; 141, 01 gr.
Questa placchetta (che, nel corso degli anni, ha suscitato pareri diversi circa l’artista che l’avrebbe concepita) ha un impianto fortemente allegorico.
Al centro, su una predella, si osserva una figura maschile ignuda di fronte, con un corno nella mano dx; accanto a lui, a sx, una figura femminile alata (Vittoria), anch’essa ignuda pone la sua mano sx sulla spalla del primo personaggio; a dx, un bue è trattenuto da un uomo sommariamente vestito, inginocchiato sulla predella mentre un altro uomo, all’estrema dx, brandisce una spada per trafiggerlo.
All’estrema sx si trovano due figure femminili vestite con chitone e che tengono in mano uno stendardo e un ramo di alloro.
Sullo sfondo, al centro e a dx, vi sono due flautisti e un sacerdote barbuto che regge un ramo di alloro. Accanto all’eroe si nota un vaso dal quale spuntano due rami di alloro e un serpente; nell’angolo in basso a sx si nota un vaso dal quale esce un serpente.
Sullo sfondo a dx si nota un porticato ad archi, in parte diroccato, mentre a sx si nota una palma e a dx un albero di alloro. A sx della palma sventola uno stendardo.
Come è stato evidenziato anche da Marika Leino, tutti gli esemplari conosciuti di questa placchetta recano la traccia di un foro risarcito come se essi fossero tutti ricavati da un precedente rilievo originale forato.
P1.91.
Combattimento fuori porta.
(Combattimento alle porte di una cittá; Combattimento alle porte della cittá).
Placchetta.
Andrea Briosco detto il Riccio, Padova, 1506-1507.


Bronzo fuso con patina marrone scuro; retro liscio.
101,01 x 137 mm.; 511 gr., inedita.
La grande placchetta rettangolare (più alta e più ampia della gran parte delle altre conosciute) rappresenta un combattimento che si svolge alle porte di una città: cfr., ad esempio, la placchetta rettangolare fig. 115 (n. 218) ella collezione Samuel Kress.
Cavalieri e fanti si scontrano in un impeto furibondo; sul terreno (che, nella parte bassa, sembra aumentare di spessore come per suggerire profondità di campo) si notano armi e frammenti di armature. Sullo sfondo della città murata si stagliano articolate architetture; fra queste, una torre parzialmente diroccata (al centro), una porta urbana sovrastata da un loggiato e da un timpano dal quale sventola un vessillo; si notano anche altre torri ed eleganti edifici. Sulla sx della composizione si notano alcune rocce sulle quali si trova un albero; la parte alta della placchetta è vuota concedendo adeguato respiro alla scena.
P1.108.
Sacra conversazione.
(Madonna in trono).
Placchetta.
Galeazzo Mondella, detto il Moderno (bottega?), Padova, inizio XVI secolo.


Fusione in bronzo a cera persa anteriormente dorata a mercurio; retro incuso.
107,2 x 143,6 mm.; 264,6 gr.
Questa straordinaria e raffinatissima placchetta, normalmente rappresenta quella che viene definita una “Sacra conversazione”. In realtà, come è stato rilevato da alcuni studiosi che si son dedicati alla decifrazione del significato stesso della composizione, in prima istanza la scena può apparire come la Madonna in trono con il Bambino attorniata da alcuni santi; tuttavia, a un esame più approfondito, la scena risulterebbe di esplicito sapore iniziatico-misterico.
In questo senso, la Grande Madre siede su un trono a sua volta collocato su una sorta di ara sacrificale (sul fronte della quale è rappresentata una “suovetaurilia”); le cinque figure in piedi (fra le quali un personaggio completamente nudo visto di fronte e un altro vestito da guerriero romano) possono essere “lette” anche in chiave laica-esoterica.
G1.5.
Lucio Vero / Soldato a cavallo che uccide un nemico.
Copia antica o rifacimento di sesterzio contorniato.
Zecchiere romano del IV secolo d.C o medaglista rinascimentale del XVI secolo.


Metallo bianco (argento?) fuso.
Ø max 48,36 x 42,55 mm.; 43,5 gr., inedita.
La moneta (sesterzio) contorniata rappresenta, sul fronte, il profilo dell’imperatore romano; se ritenuta autentica, aveva (nel 169 d.C.), allora quasi come oggi, il significato di una medaglia di restituzione (in realtà, medaglie dei personaggi più importanti allora non esistevano se non in questa forma); assai più verosimilmente potrebbe trattarsi di una copia rinascimentale dall’antico.
F. Lucio Vero laureato e corazzato è volto a dx; bordo contorniato; tutto attorno la scritta
L[VCIVS] VER[VS] AVG[VSTVS] ARM[ENIACVS] PARTH[ICVS] MAX[IMVS] TR[IVMPHATVR] P[ONTIFEX] VIIII (Lucio Vero Augusto armeniaco massimo trionfatore sui Parti nono pontefice).
R. Un cavaliere galoppa verso dx mentre sotto di lui giace un soldato ferito; dietro di lui un altro soldato cerca di colpirlo; attorno e in esergo, scritte illeggibili.
M3.3.15.
Paolo II veneto, pontef. mass. / Stemma papale, Has aedes condidit…
Medaglia contorniata.
Cristoforo di Geremia, Roma, 1465.
F. Al centro della medaglia è rappresentato il busto di papa Paolo II Barbo visto di profilo e volto a sx; davanti a lui, in tondo, vi è la scritta PAVLVS · II · VENETVS ·· PONT[IFEX] · MAX[IMVS].
R. Rovesciato di 180°, il retro reca lo stemma papale e cornice a perline; tutto attorno la scritta HAS AEDES CONDIDIT ANNO CHRISTI MCCCCLXV.
La medaglia in questione costituisce la versione “contorniata” della M3.8.
Questa variante intende riprendere l’ipotesi rinascimentale che i romani avessero fatto medaglie di taluni imperatori aggiungendo al conio della faccia della loro moneta una cornice che la rendesse più grande e, appunto, la mettesse in evidenza.
Per quanto concerne la tipologia delle “contorniature” o “cerchiature” della figura facciale con ampia cornice, occorre ricordare che Paolo Barbo fu grande amante della medaglistica antica e, alla maniera degli imperatori romani (che talvolta facevano coniare la loro immagine quale appariva nelle monete con cornice per farne medaglioni celebrativi), volle egli stesso praticare questo “genere”.
Per quanto concerne la problematica delle monete contorniate si veda anche la “moneta Sesterzio contorniato”; Zecca di Roma; 169 d.C., di mia proprietà che potrebbe essere effettivamente romana ovvero opera rinascimentale.
M3.3.15.
Bronzo fuso; patina scura.
Ø 53,54 mm.; 71,16 gr.,inedita.
M3.3.16.1. – M3.3.16.2.
Paolo veneto papa II / Stemma papale, Has aedes condidit…
Medaglia contorniata.
Cristoforo di Geremia, Roma, 1465.




Queste medaglie costituiscono la versione “contorniata” della M3.33.(per quanto riguarda il fronte) e della M3.8. (per quanto riguarda il retro).
F. Il fronte di questa serie è analogo a quello delle tre serie precedenti; il volto di Pietro Barbo pontefice con il nome di Paolo II è rappresentato di profilo volto a sx entro una cornice perlinata; il papa manifesta una vasta tonsura; tutto attorno si legge la scritta PAVLVS · VENETVS · PAPA · II·.
R. Ruotato di 180° il retro reca lo stemma papale e cornice a perline; tutto attorno la scritta HAS AEDES CONDIDIT ANNO CHRISTI MCCCCLXV.
M3.3.16.1.
Bronzo fuso; patina marrone rossiccio naturale.
Ø 51,58 mm.; 63,42 gr., inedita.
M3.3.16.2.
Bronzo fuso; patina marrone scura lucida.
Ø 51,00 mm.; 59,83 gr., inedita.
P1.101. – P1.103.
Crocifissione con popolo e armigeri.
(Crocifissione).
Placchette.
Galeazzo Mondella detto il Moderno, Padova, inizio del XVI secolo.


P1.101.


Le molte placchette di questa tipologia lasciano credere che essa sia stata piuttosto popolare; essa è conosciuta in molteplici lievi varianti.
Al centro, in alto, spicca la Croce sulla quale Cristo sta morendo; al suo fianco, si notano le due croci sulle quali si contorcono i due ladroni. La scena è letteralmente costipata da un gran numero di personaggi fra cui molti soldati romani, di cui uno a cavallo. A sx, in piedi, si nota San Giovanni a mani giunte che si dispera; a sx, a terra, la Madonna svenuta è consolata dalle Pie Donne fra le quali Maddalena; al centro, una donna abbraccia la Croce e, in primo piano, un bambino nudo sguscia fra le gambe della folla; sulla dx, in piedi, tre uomini (di cui uno barbuto e uno nudo di spalle) recano uno scudo.
P1.101.
Crocifissione con popolo e armigeri (esemplare a).
Bronzo fuso con patina marrone.
78,2 x 115,5 mm. 179,68 gr., inedita.
P1.102.
Crocifissione con popolo e armigeri (esemplare b; dorato).
Bronzo fuso; frontalmente dorata, lievemente incusa.
76,3 x 112,5 mm.; 152,79 gr.
Mentre lo scudo di sx è ornato con una gorgona in rilievo come nelle altre placchette, gli altri due sono trattati con un singolare tratteggio incrociato (ritengo per valorizzare la doratura).
P1.103.
Crocifissione con popolo e armigeri (esemplare c; falso).
Bronzo fuso; esemplare falso.
76,5 x 111,4 mm.; 193,47 gr., inedita.
La mancanza di dettaglio (che, invece, è prerogativa delle opere del Moderno) e l’apparente consunzione generalizzata, lasciano ritenere che si tratti di una esecuzione tardiva, basata su un esemplare a sua volta consunto e, comunque, volutamente abraso per fornire la sensazione di un oggetto antico.
P4.24.
Atilla flagellum Dei.
Galvano dell’originale in rame argentato.
Anonimo artigiano, Italia settentrionale, XIX secolo.


Galvano in rame argentato.
Ø 100,00 mm.; 30,15 gr., inedita.
La galvano della medaglia originale è costituita da una sottile lamina di rame ottenuta per galvanoplastica da esemplare fuso di elevata qualità. Il retro evidenzia le tracce di un precedente fermaglio saldato in due punti.
P6.2.-P6.3.
Cristo e Madonna.
Matrice di placchette in corno.
Bottega sconosciuta, Roma (?), inizio del XVIII secolo.
Cristo e Madonna.
Modello in cera per fondere placchette.
Federico Vianello, Firenze, ultimi anni del XX secolo.

P6.2.
Cristo e Madonna.
Corno di bue e ferro; i diversi fori, di cui alcuni contengono spinotti in ferro, servivano come “riferimento” a un soprastante coperchio.
121,64 x 74,71 mm.; 54,10 gr., inedita.
Questa matrice è stata usata per ottenere le cere con le quali fondere (a cera persa) placchette semplici e/o bifacciali di Cristo e della Madonna.
La matrice è costituita da una lastra di corno traslucido (verosimilmente reso pastoso “a caldo” per immersione in acqua bollente); su di essa sono realizzati due busti della Madonna e di Gesu (rispettivamente volti a dx e a sx).
Le matrici, opportunamente lubrificate con un distaccante, consentivano di realizzare “cere” da utilizzare per fondere placchette che, ovviamente, sarebbero apparse ribaltate (Madonna volta a sx e Cristo volto a dx); le immagini fornite da queste matrici hanno avuto notevole diffusione: esse si trovano unite fronte e retro in placchette bifacciali o singole monofacciali.
P6.3.
Cristo e Madonna (esemplare a; color rosa).
Foglio di cera.
94 x 71,34 mm.; 9,00gr.
La cera è stata realizzata dall’orafo fiorentino Federico Vianello con bottega in via San Zanobi a Firenze.
P1.205.-P1.206.
Cristo.
Placchetta monofacciale.
Madonna.
Placchette monofacciale.
Federico Vianello, Firenze, riedizione della fine del XX secolo da matrice del XVIII secolo.

P1.205 P1.206
Due esemplari monofacciali della edizione tarda; coppie di esemplari praticamente identici.
Bronzo fuso a cera persa, patina rossiccia.
38,5/39,2 x 44,3/46,7 mm, inedite.
Le fusioni sono state realizzate dall’orafo fiorentino Federico Vianello con bottega in via San Zanobi a Firenze.
XX secolo.
P1.205.
Cristo.
In questa placchetta ottagonale monofacciale, Cristo è rappresentato a mezzo busto di profilo, porta lunghi capelli ondulati ed è volto a dx; un’aureola circonda il suo volto; tutto attorno la scritta QUI SEQVITUR ME NON AMBVLAT IN TENEBRIS.
P1.206.
Madonna.
In questa placchetta ottagonale monofacciale, la Vergine velata rappresentata a mezzo busto di profilo volta a sx; un’aureola circonda il suo volto; tutto attorno la scritta TV SOLA SVPERGRESSA ES VNIVERSAS.
P1.20 – P1.21.
Giudizio di Paride:
esempio a, dorato (Courajod);
esemplare b.
Placchette tonde.
Giovanni di Fondulino Fonduli da Crema (Maestro IO.F.F.), Mantova, metà del XV secolo.


P1.20.
Esemplare a.
Bronzo chiaro con tracce di doratura (il fondo è lievemente puntinato per facilitare la doratura); lievemente convessa; foro in alto; retro incuso.
Sul retro un’etichetta reca le scritte n. 27/M Courajod e un’altra, più recente, reca il n. 897.
Ø 55,70 mm.; 39,39 gr., inedita.
P1.21.
Esemplare b.
Bronzo rossiccio; retro incuso.
Ø 54,51 mm.; 35,76 gr., inedita.
Le placchette rappresentano il cosiddetto “Giudizio di Paride”: a sx, sotto un albero brullo, un giovane uomo nudo di profilo e di fronte sta seduto su una pietra; egli tiene un flauto nella mano sx e porge un pomo d’oro alla donna semivestita (Venere) che sta di fronte a lui con la mano dx aperta; i cui fianchi sono avvolti da un velo mentre la testa è munita di ali. Dietro di lei, completamente nuda di profilo verso sx, si vede un’altra donna (Giunone) e un’altra ancora, nuda di tre quarti (Minerva), tiene nella mano dx un oggetto non decifrabile e con la mano sx stringe una lancia e uno scudo. Sopra di loro vola Cupido con la sua freccia.
Sotto l’esergo la scritta IO.F.F.
P1.75. – 1.76.
Cristo appare agli apostoli.
Placchette.
Lautizio da Perugia o artista della sua cerchia(?), Scuola milanese (?), XVI secolo (circa 1520).


P1.76.
Sotto un arco rettangolare Cristo, in piedi e benedicente, appare agli apostoli riuniti; cinque sono a dx e altrettanti a sx; egli porta nella mano sx un’esilissima croce, simbolo del suo martirio.
P1.75.
Cristo appare agli apostoli (esemplare a).
Bronzo fuso con patina bruno chiara; retro liscio.
68,00 x 94,7 mm.; 118,35 gr., tre fori in alto, inedita.
P1.76.
Cristo appare agli apostoli (esemplare b con tracce di argentatura).
Bronzo fuso con tracce di argentatura, spatinata; retro liscio.
69,9 x 100,02 mm.; 90,21 gr., due fori in basso, inedita.